E' un sabato pomeriggio umido e grigio quando parto alla guida del mio bolide diretto nella ricca e fredda SVIZZERA, per il mio primo concerto in terra straniera!
Qualche tempo fa un signore italo elvetico, dopo avermi visto suonare in Cordusio, mi ingaggiò per "una festicciola tra amici" nella suo "loft di montagna" a SAVOGNIN, un borgo montano "dove per anni visse il pittore Giovanni Segantini". E così, dopo una fitta e dettagliata corrispondenza di settimane per chiudere l'affare, che comprendeva anche il pernottamento in un "alberghetto" del posto, eccomi attraversare con un pò di agitazione la frontiera di Chiasso e lo sguardo torvo di due finanzieri armati. Non porto con me valigette piene di banconote da depositare in qualche caveau blindato, ma in passato ho sempre incontrato qualche difficoltà alle dogane (questo è quello che succede quando sulla carta d'identità c'è scritto "nato in Colombia"!...), motivo per cui tiro un sospiro di sollievo quando sono in territorio svizzero.
Altre due ore di viaggio tra tunnel e autovelox per attraversare Lugano, Bellizona, Splugen, oltrepassare il passo del San Berarndino, fino a raggiungere il Cantone dei Grigioni, dove mi fermo ad ammirare montagne innevate e vacche al pascolo. All'entrata di Savognin supero l'arcata di legno e, come da indicazioni dettagliate, entro in una macelleria accanto ad un grosso complesso alberghiero e chiedo del "SIG. N". "Pvendi qvesta salita!" mi suggerisce il titolare con un'ascia in mano. Salgo la stradina costeggiata dalla neve e come per magia si apre una serranda automatica che conduce dentro la bat-CAVERNA, dove parcheggio la macchina accanto a una fila di Maserati, Porche e un gatto delle nevi. Ad accogliermi c'è un bambino, uno dei figli del "Sig. N", che mi conduce tra le buie stanze di un enorme albergo che pare in stato di abbandono, fino alla mia camera. Mi dò una rapida sistemata, quindi torno al garage, prendo l'attrezzatura e ricompare il bambino che mi fa passare da una cantina piena di sci, snowboard, slitte e scarponi, dove un piccolo ascensore montacarichi ci fa raggiungere la sommità dell'albergo. Si aprono le porte e altri due ragazzini, mi danno il benvenuto "a casa di nostro padre".
Quello che ho davanti non è un semplice loft, è un enorme OPEN SPACE dal tetto in legno curvo, un lunghissimo soppalco, e un arredamento fatto di mix di opere d'arte antica e moderna. Mi guardo attorno con la bocca aperta quando si avvicina il "Sig N." con un sorriso perfetto e gli occhiali da Briatore. "Allora ti piace la mia casetta? Non è ancora finita! Prima era un campo da tennis coperto! Poi ho deciso di dismettere questo albergo e di farci casa mia! Vieni che ti faccio fare un giro!". Passiamo accanto a un quadro di JIMI HENDRIX del valore di un attico nel centro di Milano, realizzato con vecchi dischi in vinile ed esposto al MOMA di New York ("Ce lo sono siamo portati a casa a una sciocchezza!" sorride la moglie altolocata), alla turbina di un JET appesa nel vuoto, a un proiettore che manda immagini di film sparati contro una grande parete bianca, e ad antichissimi REPERTI ARCHEOLOGICI di svariate culture del mondo: teste di Buddha, bassorilievi di divinità INDU' intagliate in grosse lastre di pietra millenarie, altissime statue di riti ancestrali a forma di coccodrillo, ossa di MAMMUTH, lo scheletro di un ORSO accanto alla foto di un ASTRONAUTA sulla luna, il teschio di un bisonte, e in mezzo a tutto questo divani in pelle, tappeti orientali, un caminetto, una taverna, una libreria infinita, una cucina con 4 forni e dieci piani cottura, una pista da ballo con luci stroboscopiche, e un bellissimo pianoforte a coda!
Avevo capito che il "SIGN N" era una persona facoltosa...ma non immaginavo che fosse tanto dannatamente, esageratamente e pomposamente ricco da vivere dentro ad un ALBERGO-MUSEO!
Pensavo di essere il protagonista della serata, ma mi sbagliavo. Raggiunta la zona aperitivo infatti mi ritrovo davanti Dani con suo nipote nonchè aiutante Xavier, due vecchie conoscenze, due colleghi ANDINI che ho incontrato spesso per le strade di Milano, e coi quali una volta improvvisai una versione improbabile di Hallelujah in Stazione Cadorna. Anche loro sono stati ingaggiati per questa festa, e dovremmo alternarci in mezzo alla pista da ballo, gestiti alla console da una strana coppia di DEEJAY, il giovane Basil con suo padre, il baffuto Daniel. E così ci ritroviamo come in una barzelletta: due peruviani che non parlano inglese, due svizzeri che parlano un inglese stentato con forte accento tedesco, e un italiano mezzo colombiano (io) che, con un maccheronico inglese-spagnolo, faccio da interprete nel risolvere i problemi tecnici per collegarsi all'impianto.
Terminato il sound-check, quando arrivano i primi ospiti alla spicciolata, mi imbottisco di cibo da una sfarzosa tavola imbandita, prima che quelli si avventino come squali sulle portate. All'ora stabilita parte una delle solite basi di musica andina, e il mio collega Dani, armato di flauti di canna di bambù, inzia il suo giro di canzoni, che devo dire sono molto in tema col clima da MUSEO che si respira in questo enorme loft. A rendere l'atmosfera ancora più da "pinacoteca" ci pensano gli ospiti, età media cinquant'anni, incassati come statue tra la cucina e i candidi divanetti di pelle umana. Quella che si viene a creare è una situazione molto strana, ASETTICA, con due fazioni posizionate ai lati opposti del loft, separate da un muro immaginario di LUSSUOSA INDIFFERENZA: da un parte noi suonatori, i POVERI, che tentiamo di allietare una sessantina di MUMMIE egizie, e dall'altra i RICCHI che ridono e scherzano tra loro a bassa voce in gruppetti separati, nessuno di loro minimamente interessato alla nostra musica. Il "Sig. N" non ha le idee molto chiare, e volubile come tutti i ricchi, cambia in continuazione la scaletta della serata. "Fammi qualcosa in italiano!", "No aspetta prima voglio un altro pezzo degli Intillimani!", "Suona un pò di rock!", "Ora qualcosa di romantico!", e io mi sento sempre di più un fossile di pesce fuor d'acqua, un SOPRAMMOBILE, un pezzo da museo esposto per fare bella figura tra tanti antichi cimeli. Fortunatamente alle dieci di sera il "Sig. N" decide con largo anticipo che è arrivato il momento di ballare, così possiamo smontare l'attrezzatura e lasciare libera la pista da ballo, lasciando ai due deejay il duro compito di dare una scossa alla festa. Me ne andrei tranquillamente in camera a dormire, senonchè quando parte la musica da discoteca e gli ospiti si precipitano in pista, comincio a fare comunella ridendo e a scherzando con i deejay e con gli andini, prendendo in giro le TARDONE che si scatenano sulle canzoni anni '70. Si è già fatta mezzanotte e inizio a sbadigliare mentre vago per il loft tra gente vuota e annoiata, finchè, raggiunta la zona alcolici, vengo incastrato da due invitati completamente ciucchi, che mi costringono a tracannare varie tipologie di alcolici tra le centinaia sparse su un grande cassone di legno. Uno di loro, quello più ubriaco, si trascina tra la gente barcollante e in un paio di occasioni lo aiuto ad alzarsi da terra. Lui allora, per trasmettermi gratitudine mi invita a fumare una sigaretta e inizia ad attaccare i classici pipponi depressivi di chi ha alzato troppo il gomito. "Sono INFELICE, questa è la verità!" mi dice passandosi la mano con Rolex tra i capelli radi. "Ti stimo sai? Tu hai fatto una scelta coraggiosa, io invece vent'anni a lavorare come uno stronzo. ODONTOTECNICO. E per cosa? Per diventare un povero PAPPONE come tutti sti stronzi a questa festa!". Poi mi invita a tirare fuori la chitarra, e come per magia trae dalla tasca un armonica in DO e inizia un assolo delirante ma molto sentito mentre lo seguo con la chitarra al freddo e al gelo. "Grazie per avermi sopportato!" mi urla mentre corre al cesso a vomitare. Decisamente il momento migliore della serata. Alle due di notte, distrutto ma contento di aver vissuto una nuova esperienza, di aver fatto nuove conoscenze e di aver visto posti nuovi, mi infilo sotto il piumone, ma faccio fatica ad addormentarmi a causa dei superalcolici, e ripenso a questa strana serata che mi ha visto catapultato in una dimensione di LUSSO e VANITA', lontana anni luce da quella della strada! Eppure è proprio grazie alla strada se mi è capitata questa opportunità!
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